Notizie su Voghera e il suo territorio dall’epoca longobarda al XII secolo

di Massimiliano Ghilari / pubblicato il 15 Gennaio 2014

Durante il dominio dei longobardi l’antica città romana di Iria era diventata un abitato decaduto e spopolato, un vicus (villaggio), in conseguenza delle invasioni barbariche: per rendere meglio l’idea ricordiamo in particolare l’orrendo saccheggio perpetrato da Gundobado, re dei Burgundi, al tempo della guerra tra Odoacre e Teodorico (490 d.C.), a seguito del quale gli abitanti del territorio iriense furono fatti schiavi e deportati in Burgundia. In questa occasione si può ipotizzare che anche la città sia stata devastata, benché le fonti non parlino di un tale evento.

A partire dal VII secolo rileviamo, attraverso le cronache del monaco bobbiese Giona, la presenza, nell’attuale territorio di Voghera, dei monaci della potente Abbazia di San Colombano di Bobbio.

Le suddette cronache ci parlano di un episodio interessante per comprendere il processo di cristianizzazione dell’Oltrepò: il monaco bobbiese Meroveo, mandato dall’abate di Bobbio Sant’Attala nella diocesi di Tortona, scoprì l’esistenza un tempio ancora officiato da pagani in fitte boscaglie presso Vicus Iriae (1).  La fondazione del Monastero di San Colombano nell’attuale frazione di Torremenapace da parte dei monaci bobbiese segnò una tappa importante nell’evangelizzazione del territorio. Inoltre, i monaci favorirono l’espansione dei commerci e dell’agricoltura, introducendo importanti innovazioni ed aprendo vie commerciali.

All’epoca del Re Liutprando venne fondato il Monastero del Senatore a Pavia (714), tra i cui beni fin dall’inizio ci fu la chiesa di Sancti Petri de Stafula, cioè la chiesa che diede nome alla Porta San Pietro (attuale piazza San Bovo) e al borgo sulla strada che adduceva al ponte sulla Staffora. Questo monastero era tra i massimi possidenti in Voghera: oltre alla chiesa di San Pietro possedeva quella di Sant’Ilario, ancor oggi esistente (l’attuale Tempio Sacrario della Cavalleria italiana, detto Chiesa Rossa), tutte le terre oltre il torrente e quelle tra lo stesso e il centro abitato. Altri enti religiosi ebbero vasti possedimenti a Voghera: i monasteri di San Salvatore, di San Felice e di San Pietro in Ciel d’Oro, sempre di Pavia, e quello di San Marziano di Tortona.

Nell’epoca del Regno italico (IX-X sec. d.C.), il re Berengario I assegnò la giurisdizione sul territorio di Voghera al Vescovo di Tortona, staccandolo da quella di Bobbio. Questa decisione venne confermata in seguito da Ottone I Re di Germania e conquistatore del Regno Italico, che assegnò al presule tortonese i diritti comitali sul territorio circostante per un raggio di un miglio. I diritti del vescovo erano però limitati da quelli dei grandi monasteri possidenti, specie quello del Senatore, che oltre a godere di ampia immunità sulle sue terre, ingeriva costantemente nelle questioni della comunità vogherese. L’accrescersi dei possedimenti dei monasteri pavesi evidenzia la progressiva preponderanza che la città di Pavia stava assumendo nel territorio oggi detto Oltrepò Pavese. A conferma del ruolo di protettore raggiunto ormai dalla città di Pavia cito una lite tra Voghera e Bagnolo (oggi solo cascina ma un tempo luogo importante vicino all’attuale Casei Gerola): i due centri furono spalleggiati rispettivamente da Pavia e Tortona, che già dimostravano la loro inimicizia dimostratasi poi tanto funesta.

Nel 1164 Voghera fu definitivamente assoggettata, con un diploma dell’Imperatore del Sacro Romano Impero  Federico I, alla giurisdizione del comune di Pavia. Nel medesimo periodo, a cura del monastero del Senatore, fu edificato fuori porta San Pietro un grande ponte sulla Staffora, a sei arcate a pieno sesto, abbattuto nel XIX secolo in vista della costruzione del nuovo ponte in occasione del riattamento della strada per Piacenza. Questo ponte, di cui oggi rimane qualche avanzo, era situato in fondo a via Ponte Vecchio, e fu ritenuto romano, ma in realtà fu compiuto solo verso il 1180 (si potrebbe definire piuttosto romanico). La costruzione del ponte fu resa necessaria dal grande afflusso di pellegrini diretti a Roma, dal che l’antica strada tra Tortona e Piacenza prese il nome di Romera che ancora conserva popolarmente. In quel periodo stava infatti diventando la via preferita dai pellegrini al posto della via Francigena. Per i pellegrini a Voghera sorsero anche due ospizi, entrambi detti di San Giovanni, uno gestito dagli Ospitalieri e l’altro dai Templari. Tra i molti che passarono da Voghera, alcuni vi si spensero, e in particolare San Bovo e San Rocco, cui furono pure dedicati ospizi siti rispettivamente a est e a ovest della città. Questi santi resero celebre Voghera nel mondo cristiano (il corpo di San Rocco fu trafugato dai Veneziani nel 1485).

Massimiliano Ghilari, dal blog Oltrepò-Alta Val Trebbia-Scrivia ligure

 

CITAZIONI E RIFERIMENTI:

(1) Questo nome del VII secolo rappresenta l’anello di congiunzione tra il nome romano di Voghera, Iria e quello basso medioevale, Viqueria.

BIBLIOGRAFIA:

Laura De Angelis Cappabianca, Voghera Oppidum Nunc Opulentissimum. Gribaudo – Paravia, Torino, 1996. pag. 10

Notizie su Voghera e il suo territorio dall’epoca longobarda al XII secolo ultima modidfica: 2014-01-15T19:06:10+01:00 da Massimiliano Ghilari
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