Cristianesimo nel Medioevo

Francesco d’Assisi sulle vie delle Peregrinationes maiores

di Alessandro Luraghi / pubblicato il 13 Ottobre 2016
san francesco peregrinationes

Abituati come siamo noi, uomini del XXI secolo, a immaginare le vie di comunicazione come unica e ordinata retta che parte da un punto a e termina in un punto b, sembra davvero difficile mettersi a pensare al complesso apparato viario europeo del XIII secolo.

Non è possibile, né corretto, continuare ad attribuire ai secoli medievali una sfumatura fosca e misteriosa solamente in base alla nostra incapacità di comprendere l’ordine che gli esseri umani di quell’epoca si sono dati per vivere. Prendiamo ad esempio la commistione e la compresenza quotidiana, nell’esperienza di vita del cristiano, dell’elemento mondano e di quello spirituale: non riusciamo a comprenderne i confini, le sfumature, i punti di incontro.

La stessa cosa capita quando pensiamo all’apparato stradale medievale, un fascio viario che si articolava attorno a strade più frequentate e attrezzate di altre che, a partire da queste caratteristiche, diventavano cammini preferenziali per i viaggiatori e che, spesso, toccavano i maggiori centri abitati dell’epoca.

Lo sforzo si presenta come ancora più arduo se, su queste strade, immaginiamo un uomo come Francesco d’Assisi. La vera difficoltà di pensarlo sulle vie dei grandi pellegrinaggi è quella di non riuscire a comprendere – in virtù dell’eccezionalità dell’uomo e della sua  forma mentis (Francesco è in tutto e per tutto un figlio del suo tempo) – dove inizino e finiscano tanto il pellegrinaggio del corpo quanto quello dello spirito.

Questo breve elaborato cercherà di isolare tre momenti della vita del santo, a partire da tre dei  molti viaggi da lui compiuti, per individuare e presentare, a partire dalle mete di questi pellegrinaggi, alcuni aspetti importanti dell’esperienza spirituale dell’assisiate.

I. Sulle Vie Romee

Nato[1] nella città di Assisi nel 1181-1182 da Pietro di Bernardone, facoltoso mercante di stoffe, il giovane Francesco si convertì alla vita evangelica verso i venticinque anni e inziò a vivere un periodo di penitenza sperimentando un modo nuovo per vivere il Vangelo. Fu presto affiancato da alcuni uomini che, sotto la sua guida, andarono a costituire il nucleo della prima fraternitas dell’ordine minoritico. Così Francesco e i suoi primi compagni, si recarono nel 1209 a Roma innanzi a papa Innocenzo III che permise loro di vivere osservando “il santo Vangelo del Signore Gesù Cristo, vivendo in obbedienza, senza nulla di proprio e in castità”[2].

Francesco e i suoi compagni si mossero da Assisi a Roma (e viceversa), probabilmente sulla strada più battuta: muovendo a sud toccarono di sicuro gli abitati più grandi come Foligno, Spoleto, Terni e Rieti per giungere, infine, a Roma.

Questa strada, percorsa dall’assisiate e oggi chiamata Via Francigena di San Francesco – che collega La Verna ad Assisi e Assisi a Roma, passando per Greccio –,  era uno dei percorsi alternativi a quelle vie francigene che oggi consideriamo “classiche”, cioè i tracciati desunti dall’Itinerario di Sigerico.

È lecito immaginare che Francesco conoscesse questa via perché già una volta, nel periodo della sua conversione, si era recato a Roma per andare a visitare la tomba di San Pietro. Racconta san Bonaventura da Bagnoregio nella sua Leggenda maggiore che “egli si recò a visitare, con religiosa devozione, la tomba dell’apostolo Pietro. Fu in questa circostanza che, vedendo la grande moltitudine dei mendicanti davanti alle porte della chiesa, spinto da una soave compassione e, insieme, allettato dall’amore per la povertà, donò le sue vesti al più bisognoso di loro e, ricoperto degli stracci di costui, passò tutta la giornata in mezzo ai poveri (…)”[3]. Le altre due tradizioni del racconto insistono sulla sontuosità delle vesti del giovane e di come egli, effettuato lo scambio, iniziò a chiedere l’elemosina.

Provando ad indagare il comportamento del santo scorgiamo una volontà nuova: quella di voler provare a vivere da mendicante, oltretutto in un luogo che non solo era meta di una delle peregrinationes maiores, ma che era considerata il cuore della cristianità. Mendicante tra i mendicanti, dunque. Allo stesso modo Francesco tornerà a Roma, qualche anno più tardi, per ricevere da Innocenzo III l’approvazione alla sua forma di vita secondo la povertà evangelica.

Questo secondo pellegrinaggio si configura, così, come un passaggio dall’abitus all’habitus: è  questa, la scelta di un giovane che decide di vivere come un mendicante e come un pellegrino, iniziando a intendere la propria vita terrena come un viaggio verso la Gerusalemme Celeste.

A partire da esperienze di questo tipo nella Regola verrà scritto: “I frati non si approprino di nulla, né casa, né luogo, né alcun’altra cosa. E come pellegrini e forestieri in questo mondo, servendo al Signore in povertà e umiltà, vadano per l’elemosina con fiducia, e non si devono vergognare, perché il Signore per noi si è fatto povero in questo mondo”[4].

II. Verso Santiago

Nei primi anni di vita, la fraternitas minoritica viaggiò evangelizzando e servendo i poveri, vivendo come e con loro. Non vi erano ancora strutture fisse di accoglienza e dimora per i frati, che allora si sostentavano grazie alle elemosine e godevano dell’ospitalità di laici o di altri ordini religiosi.

Negli anni ’10 del XIII secolo, i frati Minori vissero il tempo dell’apostolato e delle prime missioni  dando vita ai primi “tentativi di superamento delle Alpi per arrivare nella penisola iberica, in Francia, in Germania e, persino, in Ungheria”[5]. Di volta in volta gli esiti furono differenti: se, per esempio, in Francia trovarono buona accoglienza, in Germania furono maltrattati e scacciati. Diverso ancora fu il caso spagnolo. Si conoscono due tentativi di missione minoritica nella penisola iberica: il primo nel 1217 e il secondo nel 1219, culminato con il martirio di un gruppo di frati originari del ternano – Berardo, Ottone, Pietro, Acciursio e Adiuto. Costoro si erano diretti a Siviglia[6], all’epoca in mano islamica, dove iniziarono a predicare. Riuscirono ad arrivare in Marocco dove inziarono il loro apostolato ma furono dapprima maltrattati, in seguito ritradotti in Spagna. Dopo il rifiuto di cessare la predicazione e il ritorno in Marocco furono incarcerati e, infine, giustiziati.

Quella di Assisi fu, insomma, una fraternitas da subito caratterizzata da una grande mobilità geografica e una conseguente, forte azione di apostolato non solo sul suolo italiano ma anche su quello europeo. In questo orizzonte raccogliamo il racconto dei Fioretti (cap. IV) in cui è riportato che “al principio e fondamento dell’Ordine, quando erano pochi frati e non erano ancora presi i luoghi, santo Francesco per sua divozione andò a santo Jacopo di Galizia, e menò seco alquanti frati, fra li quali frate Bernardo”[7]. Il racconto continua con il compito che Francesco affidò a frate Bernardo, suo primo compagno, cioè quello di accudire un povero incontrato lungo la strada. In seguito fu concesso a Bernardo di recarsi a Santiago e nel 1216 fu spedito nuovamente in Spagna per curarsi di affari dell’Ordine.

Abbiamo dunque i termini post e ante quem in cui inquadrare il pellegrinaggio di Francesco verso Santiago: tra il 1210 e il 1215[8]. Possiamo ipotizzare che la via seguita dal santo fosse quella che risaliva l’Italia – nelle cui città settentrionali è attestata in questi anni la loro presenza[9] – lungo le vie francigene, per passare nelle regioni della Francia, prima mediterranea e poi pirenaica, fino a intraprendere uno dei cammini che li avrebbe portati a Santiago.

La Spagna, terra di incontro e scontro tra cultura cristiana e islamica, esercitava un fascino particolare su Francesco: puntando verso il sud della penisola, in mano musulmana, il santo sarebbe potuto passare in Nordafrica per poi predicare il Vangelo ai non cristiani. Negli stessi anni del suo pellegrinaggio verso Compostella l’assisiate, tenta dunque una missione tra gli infedeli ma è costretto a causa di una malattia a tornare in Italia.

Tornando ai protomartiri dell’ordine francescano intendiamo come essi ci indichino un importante elemento per comprendere il viaggio di Francesco e dei suoi frati verso Santiago e, più in generale, verso le terre non italiane: massima aspirazione per un cristiano era non solo avere la possibilità di convertire degli infedeli ma anche, e soprattutto, il morire nel tentativo di farlo.

È probabile che il movente del pellegrinaggio francescano verso Santiago non fosse il martirio ma è sicuro che il martirio fosse stato preso in considerazione come uno dei possibili esiti del viaggio in terra iberica.

III. L’incontro col Sultano

Chiari sono gli intenti che muovono Francesco a recarsi in Oltremare, cioè nelle terre nordafricane. Tutte le fonti che raccontano la volontà dell’assisiate di intraprendere viaggi al di là del Mediterraneo restituiscono chiaramente la volontà di predicazione e di martirio del santo.

Il primo tentativo di raggiungere quelle terre “per predicare la fede cristiana e la penitenza ai saraceni e agli altri infedeli”[10] si ha nel 1211 ma fallisce poiché “la nave su cui era imbarcato (…) fu costretta dai venti contrari, a sbarcare dalle parti della Schiavonia”[11]. Possiamo presumere che la nave fosse partita da un porto Adriatico – forse Venezia, se identifichiamo con la “Schiavonia” la Slavonia, quindi la Slovenia, pur tenendo conto come non fosse ancora sorta l’epoca del dominio veneziano su quel mare – e fu ricacciata dal maltempo verso nord. L’itinerario del viaggio fallito ricalcava probabilmente quello seguito nel due secoli più avanti dai pellegrini che sceglievano Venezia come porto di partenza per la Terrasanta: le navi si sarebbero dirette fino a Cipro per poi proseguire fino al porto di Giaffa per attraccare e lasciare liberi i pellegrini di giungere, in carovana, a Gerusalemme.

Il secondo tentativo fu quello messo in atto da Francesco tra il 1210 e il 1215, negli stessi anni del pellegrinaggio a Santiago ma, come ricordato in precedenza, anche questo si rivelò un fallimento poiché “una malattia l’aveva costretto ad abbandonare il progetto”[12]. L’itinerario sarebbe stato quello già ipotizzato per il viaggio compiuto protomartiri: dal nord Italia, attraverso la costa Francese e i valichi pirenaici, Francenco avrebbe seguito i cammini di Santiago fino ad Astorga e di lì si sarebbe diretto verso sud, passando per Siviglia e, puntando su Gibilterra, sarebbe passato in Marocco. Intanto, nel 1215, era iniziata la Quinta Crociata (1215-1221), indetta da Innocenzo III.

In questo orizzonte si inserisce il terzo tentativo di viaggio Oltremare, andato a buon fine. Nel 1219 Francesco si recò insieme a frate Pietro Cattani in Egitto. Sappiamo che la maggior parte delle navi crociate partiva dalle coste pugliesi o da quelle dalmate, tuttavia “nelle sue Conformità Bartolomeo da Pisa, nel 1385, indica Ancona come punto di partenza del viaggio; le fonti del XIII secolo non specificano nulla”[13].

Conosciamo, tuttavia, il punto di arrivo del viaggio del santo: la città di Damietta, sulle foci del Nilo. Possiamo allora ipotizzare come, partendo da Ancona (o Brindisi o Spalato), le navi si fossero dirette a Cipro per attraccare ad Acri (porto da cui il santo partì nel 1220 per fare ritorno in Italia) e giungere a Damietta – città presso cui, lo stesso anno, l’esercito cristiano era stato sconfitto dai saraceni.

Sbarcato in Egitto l’assisiate ottenne il permesso del delegato pontificio per recarsi al cospetto del Sultano Melek-el-Kamel con il quale si intrattenne per qualche giorno ma nulla di certo sappiamo riguardo agli argomenti dei loro incontri. Interessanti le osservazioni di Merlo[14], che ci aiutano a comprendere la modalità di predicazione di Francesco in mezzo ai saraceni. Le indicazioni inserite nel Capitolo XVI della Regola non bollata, riguardante Coloro che vanno tra i saraceni e gli altri infedeli, sarebbero ispirate all’esperienza del viaggio in Egitto del santo.  Intendiamo come, secondo l’assisiate, la testimonianza cristiana debba essere coraggiosa, sottomessa e rispettosa, disposta all’estremo sacrificio della propria vita per la fede cristiana.

Ecco dunque che, ancora, possiamo identificare nel martirio la causa scatenante dei pellegrinaggi del santo di Assisi e, particolarmente, di questo viaggio in Oriente. Non abbiamo la certezza che, dopo l’incontro di Damietta, Francesco sia riuscito a visitare Gerusalemme e gli altri luoghi santi della Palestina.

IV. Francesco sulle vie di Francesco

L’uomo medievale viveva un’esistenza totalmente inserita in un orizzonte teocentrico e, a partire da ciò, organizzata in ogni suo aspetto per preparare il cristiano a giungere alla meta celeste del proprio pellegrinaggio terreno.

Se intendiamo Francesco come esempio dell’uomo medievale comprendiamo nel migliore dei modi uno dei sensi che spingevano i pellegrini di allora a muoversi sulle vie verso Roma, Santiago e Gerusalemme: queste esperienze non prevedevano mai solamente un cammino esteriore ma permettevano allo spirito di viaggiare a sua volta per accrescere l’esperienza di fede dell’individuo.

Sappiamo che nel 1220 l’assisiate fu richiamato in Italia a causa dell’inserimento nella Regola di disposizioni arbitrarie da parte di alcuni frati che aveva lasciato come suoi vicari. Durante lo stesso anno rinunciò al governo diretto dell’Ordine e condusse gli ultimi anni della sua vita peregrinando di luogo in luogo, dalle città agli eremi, lungo quelle vie che oggi portano il suo nome e che sono diventate itinerari per il turismo laico e religioso.

Punto più alto del pellegrinaggio spirituale di Francesco d’Assisi fu sul monte della Verna, dove nel 1224, a due anni dalla morte, venne fatto lui il dono delle Stimmate, simbolo di completa conformità a Cristo. Era, questo, il traguardo ideale di un viaggio interiore che lo aveva portato a farsi nel mondo, sulle strade, forestiero, mendicante e pellegrino.

Nell’esperienza dell’uomo Francesco – quindi dell’uomo medievale –, si possono rintracciare una pluralità di esperienze, motivazioni, convinzioni e credenze che lo spinsero a pellegrinare su quel fascio di strade che, intrecciandosi le une con le altre, portavano tanto a delle mete fisiche e tangibili quanto alla meta forse più ambita, quella spirituale ed eterna.

Alessandro Luraghi

Francesco d’Assisi sulle vie delle Peregrinationes maiores ultima modidfica: 2016-10-13T20:34:37+02:00 da Alessandro Luraghi

Note

[1]Sono ben note alcune vicende della vita del santo, soprattutto quelle che portarono alla sua conversione: verranno quindi qui tralasciate. Le Fonti francescane forniscono le informazioni di base su cui si svilupperà l’elaborato ma non sono state utilizzate come testo “specialistico”. Illuminante è il parere di Merlo secondo cui le Fonti si presentano come un dossier agiobiografico interessante e pericoloso allo stesso tempo poiché le Fonti riportano i limiti sia della biografia che dell’agiografia: molte volte la notizia storica viene subordinata all’intenzione edificatrice della composizione letteraria e religiosa. Cfr. Merlo, Frate Francesco, pp. 9-10.

[2]Regola bollata, Cap. I, FF 76, p. 89. Sulla composizione della Regola basti sapere che alla prima conferma orale di Innocenzo III del 1209, seguì la composizione (1221) di una Regola ritenuta troppo rigida, quindi definita non bollata, poiché non accettata dall’autorità papale. La definitiva redazione della forma di vita minoritica si avrà nella Regola bollata, del 1223.

[3]Leggenda maggiore, FF 1037, p. 608. L’episodio è riportato anche in FF 589, FF 1406.

[4]Regola Bollata, cap. VI, FF 90, p. 93.

[5]Merlo, Nel nome di san Francesco, p. 73.

[6]Si può ipotizzare che il percorso intrapreso da frate Berardo e dai suoi compagni fosse quello che passava, sui tracciati del cammino verso la Galizia, per Puente la Rèina, Burgos, Leòn, Astorga e di lì scendeva per Salamanca, fino a Siviglia.

[7]Fioretti, FF 1830, p. 1137.

[8]   C’è da ricordare inoltre che nel 1212 gli eserciti dei regni cristiani iberici avevano sconfitto il califfato islamico degli almohadi nella battaglia presso Jaèn, in Andalusia. Le vie verso Santiago di Compostella erano quindi praticabili, durante questa fase della Reconquista.

[9]Giacomo da Vitry, vescovo di Acri, in una lettera del 1216 scritta a Genova, riporta la presenza di alcuni frati  incontrati a Milano l’anno prima. Cfr. FF 2201.

[10]Leggenda Maggiore, FF 1170, p. 666.

[11]Ibid.

[12]Jeusset, Francesco e il Sultano, p. 75.

[13]Ibd.

[14]Merlo, Frate Francesco, pp. 80-83.

Bibliografia

A.A.V.V., Fonti francescane, Editrici Francescane, Padova, 2011.

Jeussett, G., Francesco e il Sultano, Jaca Books, Milano, 2008

Merlo, G.G., Frate Francesco, Il Mulino, Bologna, 2013

Merlo, G.G., Nel nome di San Francesco. Storia dei frati Minori e del francescanesimo sinoagli inizi del XVI secolo, Editrici Francescane, Padova, 2012.

Sitografia

Cartine

Via Francigena di San Francesco:
http://www.viadifrancesco.it/

Cammino di Santiago di Compostella:
http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/2/2b/Ways_of_St._James_in_Europe.png

Il viaggio verso Damietta:
http://www.silab.it/storia/?pageurl=19-la-quarta-e-la-quinta-crociata-1202-1204-1217-1221

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