Crimini di guerra

Le foibe e la pulizia etnica degli italiani di Venezia Giulia e Dalmazia

di Gustavo Ferrara / pubblicato il 10 Febbraio 2014

Premessa

Nonostante la bibliografia sull’argomento sia abbondante e nonostante oggi, per fortuna, questi fatti siano noti ai più e riconosciuti anche dallo Stato italiano, voglio presentare brevemente la Storia delle terre dalmate e istriane. Per quanto riguarda gli eccidi delle foibe e l’esodo degli italiani da Istria, Fiume e Dalmazia, cercherò di comporre un quadro il più possibile vicino a ciò che accadde, analizzando brevemente quali furono le principali cause e le principali conseguenze dei tragici eventi della prima metà degli anni quaranta del novecento. Per comprendere meglio, ho deciso di inquadrare i fatti in un ambito storico più grande, partendo dalla conquista romana fino alla Seconda Guerra Mondiale.

L’altra sponda dell’Adriatico tra Roma, Costantinopoli e Venezia

Le terre istriane e dalmate, abitate sin da tempi antichissimi, furono assoggettate dai romani nel corso dei secoli II e I a.C. Alla conquista seguì un graduale processo di romanizzazione dei popoli autoctoni di stirpe illirica. Con la caduta dell’Impero romano e la frammentazione della parte occidentale del bacino del Mediterraneo in vari Regni governati da stirpi germaniche, cominciarono a svilupparsi le cosiddette lingue romanze, derivate dal latino. In particolare, nelle terre illiriche e dacie si creò un agglomerato di lingue simili, da cui derivarono poi l’istriota, il dalmatico e il rumeno.

Tra VI e VIII secolo d.C. arrivarono i primi slavi: sloveni nelle Alpi Giulie e croati nelle Alpi Dinariche, da dove poi mossero verso la Dalmazia e l’Istria. L’entroterra dalmata, quasi spopolato da secoli di razzie e guerre, fu ripopolato da serbi e croati, che assimilarono gli abitanti autoctoni. La costa, invece, rimase nell’orbita dell’Impero Romano d’Oriente, mantenendo lingua e cultura latine. Questa divisione, che politicamente durò per quasi tutto il Medioevo, si mantenne molto oltre sul piano etnico.

Nel XIII secolo la Repubblica di Venezia cominciò la sua espansione nell’Adriatico, occupando le terre precedentemente bizantine: la costa occidentale dell’Istria e le città dalmate (salvo Ragusa, erettasi in Repubblica indipendente) e nei secoli seguenti consolidò il dominio su queste terre, ampliandolo anche all’entroterra.

L’elemento italiano (o più specificamente veneto) assunse in quest’epoca un ruolo predominante, mentre l’elemento nativo dalmatico ed istriota venne progressivamente assimilato.

Tra Napoleone e gli Asburgo d’Austria

Il trattato di Campoformio del 1797 sancì la fine della Serenissima Repubblica di Venezia, il cui territorio fu spartito tra la Repubblica francese e gli Asburgo d’Austria. A questi ultimi spettò tutto il territorio veneziano ad est del Lago di Garda sulla terraferma (cioè le attuali regioni del Veneto e del Friuli Venezia Giulia), l’Istria e la Dalmazia.

Nei tempi del dominio asburgico il tratto saliente fu la diminuzione costante dell’elemento italiano rispetto a quello slavo. Le sollevazioni del 1848 e l’irredentismo provocarono la diffidenza del governo austriaco verso gli italofoni, e specie dopo il Risorgimento venne favorito l’elemento slavo contro quello italiano. La disfatta di Lissa nel 1866 significò la fine delle speranze di istriani e dalmati di lingua italiana di unirsi al neonato Regno d’Italia.

La prima guerra mondiale e il ventennio fascista

In seguito alle vicende della prima guerra mondiale, che vide l’Italia impegnata contro l’Austria in un fronte che andava dal Trentino fino al Friuli, l’Italia potè annettersi il territorio dell’Istria, di Zara e delle isole del Quarnaro nel 1919 e di Fiume nel 1924.

Gli anni del governo fascista furono caratterizzati dal tentativo di assimilazione forzata da parte delle autorità italiane delle minoranze slovene e croate d’Istria, con il conseguente aumento della tensione tra l’elemento italiano e quello slavo.

Secondo il censimento italiano del 1921 il gruppo linguistico italiano risultava esserre il 58,2% del totale. Seguiva il gruppo serbo o croato, con il 26,3%, e quello sloveno con il 13,8%. I restanti (1,7%) vennero classificati come “altri”.

La seconda guerra mondiale

Nell’aprile del 1941 l’Italia partecipò all’attacco dell’Asse contro la Jugoslavia, che in seguito alla resa fu smembrata. Alla spartizione del bottino parteciparono tutti gli invasori: la Germania si annesse il territorio di Maribor/Marburg, l’Ungheria parte del Banato e la Bulgaria la Macedonia. All’Italia spettarono varie parti del territorio ex-Jugoslavo: la maggior parte dell’attuale Slovenia (che diventò Provincia di Lubiana), la Dalmazia settentrionale e le Bocche di Cattaro. Inoltre, il trattato di Roma garantiva agli italiani un’ampia zona d’influenza nei neonati stati di Croazia e Montenegro, coronando il sogno mussoliniano di un’Italia padrona dell’Adriatico.

Gli aspetti che assunse l’occupazione italiana dei territori appena conquistati furono molteplici: nella provincia di Lubiana, si tentò in un primo momento, senza successo, di instaurare un’amministrazione che cercasse il consenso degli abitanti. In Dalmazia fu invece instaurata, sin da subito, una politica di italianizzazione forzata: cambiamento della toponomastica, divieto di insegnamento del croato nelle scuole, persecuzione degli oppositori. 1

Nel 1943, tuttavia, con lo sbarco in Sicilia delle forze alleate e con gli incessantii bombardamenti del territorio nazionale, per l’ Italia si avvicinavano anni molto difficili.

l'Italia nel 1943, prima e dopo l'8 settembre, con le unità dell'esercito italiano ordinate per teatro di operazione

l’Italia nel 1943, prima e dopo l’8 settembre, con le unità dell’esercito italiano ordinate per teatro di operazione

Le persecuzioni

Istria, 1943: i primi morti

Con il collasso del Regio Esercito seguito all’armistizio tra Italia e gli Alleati (8 settembre 1943 ) si creò un vuoto di potere, come in tutto il Regno, anche in Istria.

Fin dal 9 settembre le truppe tedesche assunsero il controllo di Trieste e successivamente di Pola e di Fiume. I partigiani occuparono buona parte della regione, mantenendo le proprie posizioni per circa un mese. Il 13 settembre 1943, a Pisino venne proclamata unilateralmente l’annessione dell’Istria alla Croazia, da parte del Consiglio di liberazione popolare per l’Istria.

Foiba di Vines (Albona d'Istria): recupero cadaveri a fine 1943.  fonte Wikipedia.

Foiba di Vines (Albona d’Istria): recupero cadaveri a fine 1943.
fonte Wikipedia.

Improvvisati tribunali, che rispondevano ai partigiani dei Comitati popolari di liberazione emisero centinaia di condanne a morte.

Le vittime furono non solo rappresentanti del regime fascista e dello Stato italiano (quali militari, carabinieri, ecc.), ma anche oppositori politici, semplici personaggi in vista della comunità italiana e potenziali nemici del futuro Stato jugoslavo che s’intendeva creare. La maggioranza dei condannati fu scaraventata nelle foibe o nelle miniere di bauxite, alcuni dei quali mentre erano ancora in vita.

Secondo alcune stime, le vittime del periodo settembre-ottobre 1943 nella Venezia Giulia, si aggirano sulle 500-700 persone.2

Dalmazia, 1943-1944

Il 10 settembre, mentre Zara veniva presidiata dai tedeschi, a Spalato ed in altri centri dalmati entravano i partigiani. Vi rimasero sino al 26 settembre, sostenendo una battaglia difensiva per impedire la presa della città da parte dei tedeschi. Mentre si svolgevano quei 16 giorni di lotta, fra Spalato e Traù i partigiani soppressero 134 italiani, compresi agenti di pubblica sicurezza, carabinieri, guardie carcerarie ed alcuni civili.

Occupata dai tedeschi, la Dalmazia veniva tolta alla R.S.I. e annessa allo Stato di Croazia.

Tra il 2 novembre 1943 e il 31 ottobre 1944 Zara venne ridotta in rovine dai bombardamenti angloamericani, che causarono la morte di circa 2000 persone e la fuga della maggior parte degli altri abitanti3. La città fu infine occupata dalle truppe titine il 1º novembre 1944: si stima che il totale delle persone soppresse dai partigiani in pochi mesi sia stato di circa 180.

Nell’uccisione di queste persone, pare che l’annegamento in mare fosse una pratica molto diffusa, riferita da varie testimonianze, tanto da divenire nell’immaginario popolare la “tipica” modalità di esecuzione delle vittime zaratine, similmente alle foibe in Istria.

Venezia Giulia, 1945

Nella primavera del 1945 la IV Armata jugoslava puntò verso Fiume, l’Istria e Trieste. L’obiettivo era di occupare la Venezia Giulia prima dell’arrivo degli anglo-americani. Il 20 aprile 1945 le formazioni partigiane raggiunsero i confini della Venezia Giulia, e tra il 30 aprile ed il 1º maggio le formazioni del IX Korpus sloveno occuparono l’Istria, Trieste e Gorizia.

Il nuovo regime si mosse in due direzioni: le autorità militari avevano il mandato di stabilire la legittimità della nuova situazione creatasi in seguito alle operazioni militari di occupazione. L’OZNA, la polizia segreta jugoslava, invece, operava nella più totale autonomia: Il suo compito era quello di arrestare coloro che si opponevano all’annessione alla Jugoslavia: in tale ambito furono presi anche componenti del CLN e delle altre organizzazioni antifasciste, nonchè pure alcuni slavi.

A partire dal maggio del 1945, quindi, massacri si verificarono in tutta la Venezia Giulia (Trieste, Gorizia, Istria e Fiume). A Gorizia e Trieste (occupate dal 1º maggio), i massacri cessarono con l’arrivo degli alleati il 12 giugno: si riscontrò l’uccisione di diverse migliaia di persone, molte delle quali gettate vive nelle foibe.

Il bilancio delle vittime e l’esodo

Durante e subito dopo la seconda guerra mondiale un gran numero di italiani fu soppresso dai partigiani titini. Sulla quantificazione delle vittime vi sono tuttora aspri dibattiti. Il numero si aggira tra i 10.000 e i 15.000 morti. Vanno ricordati inoltre le vittime di etnia slovena e croata, visto che i sostenitori di Tito non si limitarono a perseguitare gli italiani, ma infierirono contro tutti gli oppositori, reali, potenziali o presunti.
Negli anni del dopoguerra il protrarsi della dura repressione da parte delle autorità comuniste jugoslave nei confronti degli italiani provocò la fuga della maggior parte di coloro che lì erano ancora rimasti.
Ceduta l’Istria, Fiume, le isole del Quarnaro e Zara alla Jugoslavia, restava il nodo triestino: si creò il “territorio libero di Trieste”, ed esso fu diviso in 2 zone, A e B, amministrate rispettivamente dagli anglo-americani e dagli jugoslavi.
Molti esuli scelsero di restare più vicini alle loro case, emigrando nella zona B, da dove, con la successiva annessione alla Jugoslavia, fuggirono a loro volta in Italia.
A metà degli anni cinquanta, quando l’ultima ondata dell’esodo fu completata, l’Istria aveva perduto metà della sua popolazione e gran parte della sua identità sociale e culturale. Le nuove autorità slave provvidero a cancellare la memoria della presenza italiana in Istria: i monumenti furono abbattuti, le tombe divelte dai cimiteri, la toponomastica cambiata. Le proprietà italiane vennero interamente confiscate ed assegnate agli slavi che vennero insediati in una regione ormai semi deserta.
Le statistiche ufficiali per la penisola istriana ci consentono di calcolare la portata dell’esodo nella regione dove assunse le proporzioni più catastrofiche: di fronte ai 147.916 italiani rilevati dal censimento austroungarico del 1910, ai 199.942 del censimento italiano del 1921 e ai più di 200 mila del periodo immediatamente precedente la guerra, rimasero, nell’intero territorio jugoslavo 34.170 italiani nel 1953. Il loro numero scese a 24.175 nel 1961, a 20.420 nel 1971 e raggiunse il minimo storico di 13.799 nel 1981.4

Con la dissoluzione della Jugoslavia, si rileva nei censimenti croati l’aumento di persone dichiaranti appartenere al gruppo etnico italiano aumentarono notevolmente: 24.262 nel 1991 e 21.894 nel 2001-2002.5
Come si evince da questi dati, il risultato dell’operazione di “pulizia etnica” fu la quasi totale sparizione dell’elemento italiano, e la marginalizzazione dei rimasti, di fronte al nuovo carattere slavo della regione.

grafico popolazione italiana

Le statistiche ufficiali per la penisola istriana ci consentono di calcolare la portata dell’esodo nella regione dove assunse le proporzioni più catastrofiche: di fronte ai 147.916 italiani rilevati dal censimento austroungarico del 1910, ai 199.942 del censimento italiano del 1921 e ai più di 200 mila del periodo immediatamente precedente la guerra (escluse ovviamente Trieste e Gorizia), rimasero, nell’intero territorio jugoslavo 34.170 italiani nel 1953. Il loro numero scese a 24.175 nel 1961, a 20.420 nel 1971 e raggiunse il minimo storico di 13.799 nel 1981

Le conseguenze

censimenti sloveno e croato 2011

censimenti sloveno e croato 2011

censimento austroungarico 1910-11

censimento austroungarico 1910-11

Negli anni del dopoguerra il protrarsi della dura repressione da parte delle autorità comuniste jugoslave nei confronti degli italiani provocò la fuga della maggior parte di coloro che lì erano ancora rimasti. Si stima che, tra il 1943 e il 1947, circa il 90% degli appartenenti al gruppo etnico italiano (circa 300.000 persone) abbia abbandonato definitivamente la Venezia Giulia e la Dalmazia.

Ceduta l’Istria, Fiume, le isole del Quarnaro e Zara alla Jugoslavia, restava il nodo triestino: si creò il “territorio libero di Trieste”, ed esso fu diviso in 2 zone, A e B, amministrate rispettivamente dagli anglo-americani e dagli jugoslavi.

Molti esuli scelsero di restare più vicini alle loro case, emigrando nella zona B, da dove, con la successiva annessione alla Jugoslavia, fuggirono a loro volta in Italia.

A metà degli anni cinquanta, quando l’ultima ondata dell’esodo fu completata, l’Istria aveva perduto metà della sua popolazione e gran parte della sua identità sociale e culturale. Le nuove autorità slave provvidero a cancellare la memoria della presenza italiana in Istria: i monumenti furono abbattuti, le tombe divelte dai cimiteri, la toponomastica cambiata. Le proprietà italiane vennero interamente confiscate ed assegnate agli slavi che vennero insediati in una regione ormai semi deserta.

Il risultato di questa operazione di “pulizia etnica” fu la quasi totale sparizione dell’elemento italiano, e la marginalizzazione dei rimasti, di fronte al nuovo carattere slavo della regione.

Foibe ed esodo: dal silenzio istituzionale al riconoscimento ufficiale

Per diversi motivi, principalmente di opportunità politica e ideologica, il dramma degli italiani della Venezia Giulia rimase quasi sconosciuto a livello nazionale, rimanendo relegato ad un ambito locale triestino e giuliano, o venendo ricordato dagli esuli, che si erano insediati non solo in Italia, ma anche nelle Americhe e in Australia. Persino la storiografia più autorevole evitava di citare i massacri e l’esodo, concentrandosi invece sulla lotta politico-ideologica e le operazioni militari.6

Il disfacimento della Jugoslavia, la fine dell’Unione Sovietica e altri fattori contribuirono alla nascita di un nuovo clima politico e culturale, in cui il dramma delle foibe e dell’esodo potesse far parte della memoria collettiva della nazione, tornando alla luce dopo tanti anni di silenzio.

Finalmente, il 30 marzo 2004, fu approvata quasi all’unanimità la proposta di legge che prevedeva l’istituzione del “Giorno del Ricordo”.

Recenti controversie: “negazionismo” e “riduzionismo”

Fortunatamente, nell’ambito degli studi storici la vicenda delle persecuzioni e della pulizia etnica degli italiani è ormai accettata in larga maggioranza. Tuttavia, delle correnti residuali, tipiche di alcune frange della sinistra e della maggior parte dell’estrema sinistra, propongono versioni “riduzioniste” (minimizzando il numero dei morti, la mancanza di un carattere “politico” delle esecuzioni, che sarebbero invece casuali, la mancanza di un vero e proprio esodo), “negazioniste” (ritenendo che tutte le violenze fatte a danno degli italiani fossero prodotto della guerra e comunque numericamente irrilevanti) e “giustificazioniste” 7 (secondo la quale le violenze subite dagli italiani sarebbero la diretta conseguenza delle persecuzioni e violenze commesse dai fascisti e i militari a danno di sloveni e croati dal 1922 al 1943)

Comunque sia, queste tre tesi tendono ancora oggi a creare un avversità ideologica da parte di alcune persone verso qualsiasi tipo di commemorazione dei massacri, del fenomeno delle foibe e/o dell’esodo. Esempio memorabile, il voto contrario all’istituzione del Giorno del ricordo di 15 deputati appartenenti alla sinistra o all’estrema sinistra. Tra questi 15 troviamo nomi famosi, come Armando Cossutta, considerato da alcuni “uomo confidenziale del KGB” durante la guerra fredda8, o noti esponenti della politica progressista come il leader di SEL Nichi Vendola o il sindaco di Milano (SEL), Giuliano Pisapia9

Last but not least, vi sono anche nell’ex Jugoslavia, specie in Croazia, residui di sciovinismo che emergono qualora la tesi della pulizia etnica venga enunciata da alti esponenti della politica italiana. Illuminante la vicenda del 2007, quando, in seguito alle parole dell’allora Presidente della Repubblica italiana Giorgio Napolitano, che, durante il discorso di commemorazione del Giorno del ricordo, evidenziò che «Vi fu dunque un moto di odio e di furia sanguinaria, e un disegno annessionistico slavo, che prevalse innanzitutto nel Trattato di pace del 1947, e che assunse i sinistri contorni di una “pulizia etnica”. »10, il Presidente della Repubblica di Croazia Stjepan Mesić reagì polemicamente, affermando che in quel discorso «è impossibile non intravvedere elementi di aperto razzismo, revisionismo storico e revanscismo politico».11.

Conclusione

Concludo sperando che questo articolo serva a incentivare, soprattutto in chi ancora oggi non riconosce l’accaduto, o lo minimizza, la ricerca storica, cosicché si possa finalmente ricordare i morti in pace, senza strumentalizzazioni politiche di alcun genere.

Gustavo Ferrara

Le foibe e la pulizia etnica degli italiani di Venezia Giulia e Dalmazia ultima modidfica: 2014-02-10T22:13:46+01:00 da Gustavo Ferrara

Riferimenti e citazioni

  1. Laura Bordoni, La questione dei crimini di guerra italiani nei balcani
  2. Pupo Raoul, Il lungo esodo – Istria: le persecuzioni, le foibe, l’esilio. cit, p. 72
  3. Pupo Raoul, Il lungo esodo – Istria: le persecuzioni, le foibe, l’esilio. cit, p. 76-77
  4. ITALIANI IN SLOVENIA, TOTALE: 1953, 1961, 1971, 1981, 1991, 2002
    CROATIAN BUREAU OF STATISTICS
  5. ITALIANI IN SLOVENIA PER MUNICIPALITA’ (comune), 2002
    CROATIAN BUREAU OF STATISTICS
  6. Particolarmente interessante come esempio il libro dell’anticomunista sloveno Bogdan C. Novak, Trieste 1941-1954. la lotta politica, etnica e ideologica, cit.
  7. termine che propongo io e che non ha una definizione accettata e condivisa in ambito storiografico
  8.  In questo modo Mosca finanziava il Pci. La Repubblica, 12 ottobre 1991.
    Il PCUS versò a Cossutta più di un miliardo nell’86.
    La Repubblica, 13 ottobre 1991.
  9. Votazione finale nominale n. 8 del 11/2/2004 seduta n. 422 presieduta da CASINI PIER FERDINANDO
    Progetto di legge n.1874
    ISTITUZIONE DEL “GIORNO DEL RICORDO” IN MEMORIA DELLE VITTIME DELLE FOIBE DELL’ESODO GIULIANO-DALMATA, DELLE VICENDE DEL CONFINE ORIENTALE E CONCESSIONE DI UN RICONOSCIMENTO AI CONGIUNTI DEGLI INFOIBATI (PDL 1874)
  10. Napolitano:”Si consumò con la disumana ferocia delle foibe una delle barbarie del secolo scorso. 10 febbraio 2007″
  11. Foibe: presidente croato attacca Napolitano. Mesic: «È impossibile non intravvedere elementi di aperto razzismo, revisionismo storico e revanscismo politico»

Bibliografia

Mellace Giuseppina, Una grande tragedia dimenticata: la vera storia delle foibe.
Newton compton editori – Ariccia, 2014

Pupo Raoul, Il lungo esodo – Istria: le persecuzioni, le foibe, l’esilio.
Rizzoli storica – Milano, 2005

Oliva Gianni, Foibe. Le stragi negate degli italiani della Venezia Giulia e dell’Istria.
Mondadori. 2003

Rustia Giorgio, Contro operazione foibe a Trieste. 2000.
Disponibile on-line: http://www.lefoibe.it/approfondimenti/CONTRO%20OPERAZIONE%20FOIBE.pdf

Novak Bogdan C., Trieste 1941-1954. la lotta politica, etnica e ideologica. Traduzione italiana di “Trieste, 1941-1954. The Ethnic, Political, and Ideological Struggle. The University of Chicago Press, Chicago-London, 1970”. Milano, 1973

Sitografia

Croatian bureau of statistics

Statistical office of the Republic of Slovenia

Bordoni Laura, La questione dei crimini di guerra italiani nei balcani – Viqueria

(Censimento 1931) : Risultati sommari / Istituto centrale di statistica del Regno d’Italia – 1: Italia settentrionale

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