I Celti (o Galli)
Gli storici romani ed ellenistici ci hanno lasciato importanti testimonianze sui popoli che abitavano il continente europeo nell’antichità. Tra questi, particolare rilevanza ebbero le tribù raggruppate dai greci sotto il comune denominatore di Celti (Κελτοί – Keltòi o Κέλται – Kéltai). Questo popolo di lingua indoeuropea, le cui prime manifestazioni culturali andrebbero identificate con la Cultura di Hallstatt (tra il XIII e il VI sec. a.C.), fu una presenza di primaria importanza negli avvenimenti europei tra il V e il III sec. a.C., fino a quando non venne sottomesso dai romani e dai germani (salvo i Celti delle attuali Irlanda e Scozia)
Nel momento della loro maggiore espansione, tra il IV e il III sec. a.C., i Celti dominavano e abitavano su un’immenso territorio, che andava dal nord dell’attuale Spagna fino all’attuale Romania, con una lontana appendice in Anatolia centrale (l’antica Galazia), occupando quasi tutta l’Europa centrale, le Isole Britanniche e l’Italia del nord. Questo enorme dominio non costituiva però un’entità statale unificata, e neanche una Confederazione. Infatti, le tribù che componevano la “nazione” celtica non avevano un governo centrale, e raramente si raggruppavano in confederazioni o simili. Le loro migrazioni spesso erano motivate da un’eccedenza demografica, e non da un piano preconfigurato di conquista. Nei loro spostamenti spesso incontravano dei popoli autoctoni, che venivano puntualmente attaccati e sottomessi, o spinti altrove.
Secondo Tito Livio, a partire dal V sec. a.C., alcuni gruppi di Celti entrarono in Italia attraverso il territorio dei liguri e, sconfitti gli etruschi nella battaglia del Ticino [1], occuparono in varie ondate la Val Padana da questi fino ad allora abitata, sostituendoli completamente.
Nel 390 a.C. un gruppo di Sènoni guidati da Brenno, durante una campagna di scorrerie e saccheggi nell’Italia centrale, si spinse sino alla valle del Tevere, dove si scontrò, nella battaglia del fiume Allia, con un esercito della nascente potenza romana. L’esito della battaglia fu disastroso per i romani, che videro i Sènoni saccheggiare la loro città per poi ritirarsi nelle loro sedi tra le attuali Marche ed Emilia-Romagna.
Tuttavia, la Storia spesso risulta ironica, e coloro che una volta erano superbi vincitori, si trovarono sconfitti e sottomessi dallo stesso popolo che avevano umiliato. E così fu per i celti: a por fine alla loro libertà furono proprio questi romani che una volta avevano schiacciato sotto il loro tallone. E il conquistatore della Gallia, Giulio Cesare, non smise mai di ricordare il valore guerriero ormai tramontato di questi galli, una volta padroni dell’Europa ed ormai in balìa dei popoli confinanti, fossero essi i romani o i germani [2].
La Gallia prima della conquista romana
Cesare venne nominato Proconsole per le province della Gallia romana (Cisalpina e Narbonense) e dell’Illirico il I° maggio del 58 a.C. A quei tempi il territorio dei Galli indipendenti si era ridotto alle isole britanniche, all’Elvezia (l’attuale Svizzera), alle terre danubiane (Norico, Pannonia) e alla Gallia vera e propria. Quest’ultima, già privata dei territori affacciati sul Mar Mediterraneo (divisi tra la Provincia romana della Gallia Narbonense e il territorio di Marsiglia) era delimitata a nord dalla Manica, a est dal Reno, a ovest dall’Oceano Atlantico e a sud dai domìni romani (l’Hispania e la Provincia)
Questo spazio era abitato, secondo Cesare, da tre diverse stirpi: a sud-ovest, tra i Pirenei, l’Atlantico e il fiume Garonna, gli Aquitani (popolo misto di celti e iberi, la cui lingua era probabilmente di tipo pre-indoeuropeo, simile all’attuale basco), a nord, tra i fiumi Senna e Marna a sud e il fiume Reno a nord-est, i Belgi, popolo di origine mista celto-germanica, e nel resto del territorio, i Celti propriamente detti.[3]
Cesare però non fa menzione dei Germani se non come popolo in costante guerra con Galli, Belgi ed Elvezi. Tuttavia vanno citati tra i popoli della Gallia, in quanto essi erano stanziati (almeno dal 72 a.C.) entro i confini geografici di quest’area, sulla riva destra del Reno (nell’odierna Alsazia) e, frammisti ai Celti, nella Belgica.
Origini della guerra e primi scontri
Sulle motivazioni della Guerra che avrebbe portato i confini della Respublica romana fino al Reno e alla Manica molto si disse, e qui non ci fermeremo troppo a parlarne. Senz’altro questa Guerra fu fortemente voluta (o almeno attesa) da Cesare, che ne vedeva un’opportunità di aumentare il proprio prestigio.
Secondo il racconto del Generale romano, invece, a scatenare gli eventi che portarono alla sottomissione della Gallia furono gli Elvezi (popolazione celtica abitante il territorio dell’attuale Svizzera), determinati a migrare nelle terre più fertili a ovest. L’autore cita in causa come principale promotore della migrazione Orgetorìge (che era divenuto capo degli Elvezi qualche anno prima), il quale voleva insignorirsi di tutta la Gallia [4]
Un’altra motivazione per la migrazione degli Elvezi, forse più valida, la getta però lo stesso Cesare poco dopo: Il territorio degli Elvezi era troppo ridotto e, costituito com’era da montagne e colline, non bastava a un popolo così numeroso [5]. Quindi, all’origine della migrazione, probabilmente vi era un eccesso demografico.
Correva l’anno 58 a.C., e gli Elvezi, per raggiungere la Gallia, dovevano attraversare, o il territorio romano, o il territorio dei Sèquani. Tentata e fallita la via diplomatica per attraversare il territorio romano, gli Elvezi tentarono di attraversare il lago Lemano con delle zattere per forzare il passaggio e raggiungere la Narbonense, ma vennero respinti da un piccolo esercito romano appostato sulle fortificazioni fatte costruire poco prima da Cesare. Restava a loro dunque soltanto la scelta di attraversare il territorio dei Sèquani passando per la catena del Giura. Dopo uno scambio di ostaggi [6], gli Elvezi ebbero dai Sèquani delle guide che li aiutarono a seguire i difficili e pericolosi sentieri che attraversavano quelle montagne.
Attraversato il territorio dei Sèquani, gli Elvezi giunsero nelle terre degli Edui, e lì cominciò la loro marcia verso l’Atlantico [7]. Seguendo il resoconto di Cesare, furono saccheggiate le terre degli Edui, degli Ambarri e di quegli Allòbrogi che vivevano aldilà del Rodano (cioè oltre il confine del dominio romano).
L’attacco ai popoli alleati scatenò la risposta di Cesare che, a seguito di forti richieste di aiuto, si mise in marcia con un esercito per combattere gli Elvezi. Il primo scontro avvenne presso il fiume Arar (la Saona) e la vittoria arrise ai romani, che eliminarono un quarto delle forze elvetiche, corrispondenti al cantone dei Tigurini (l’esercito elvetico era diviso infatti nei quattro cantoni che costituivano quel popolo). In seguito a questa prima sconfitta gli Elvezi inviarono a Cesare un’ambasceria per negoziare, ma le opposte visioni si scontrano e non si raggiunse un accordo.
Il giorno seguente gli Elvezi levarono il campo e si diressero a nord, penetrando nel territorio degli Edui. Cesare inseguì il loro esercito per quattordici giorni provocando la retroguardia con azioni di schermaglia, ma non riuscì a provocare battaglia. Il quindicesimo giorno, data la sempre maggior vicinanza degli Elvezi a Bibracte (la città fortificata più importante degli Edui), Cesare mosse l’esercito verso questa città, sperando anche di trovare rifornimenti per le sue truppe. Appena gli Elvezi se ne accorsero, supponendo che i romani si stessero ritirando, presero ad attaccare con impeto le retroguardie, e Cesare colse l’occasione per attaccare la battaglia decisiva.
Lo scontro che oppose Romani a Elvezi, Boi, Latovìci e Tulingi (questi tre popoli seguivano gli Elvezi sin dall’inizio della loro marcia) segnò la prima fase della campagna di Gallia: dopo un intero giorno di combattimenti, due terzi degli effettivi dell’esercito elvetico erano stati abbattuti, e i romani s’impadronirono dell’accampamento nemico.
I sopravvissuti, costretti dalla mancanza di viveri, chiesero la pace. Cesare ordinò agli Elvezi, ai Tulingi e ai Latovìci di tornare nelle loro terre, mentre i Boi vennero insediati presso gli Edui.
Così si concluse la prima fase delle ostilità ma, in realtà, i disegni di Cesare erano molto più vasti: ottenuto un grande prestigio presso i Galli, ora si preparava a difenderli contro altri invasori, i Germani, in quello che sarebbe stato il primo scontro tra questi e i romani.
Il primo di una lunghissima serie.
continua…
Gustavo Ferrara
Excelente trabajo y claridad de expresión. Felicito al autor. ¡Notable trabajo!